Saturday, March 12, 2016

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Aurelion Sol

Meraviglia imprigionata

Cinque uomini ammantati percorrevano uno dei versanti laterali del Monte Targon. La loro scalata non era ardua come quella che attende coloro che si avventurano alla ricerca della meraviglia, sulla cuspide del monte. No, affatto. I simboli dorati sulle cappe cremisi testimoniavano l’appartenenza alla tribù dei Solari. Loro vivevano nella maestosa cittadella sui pendii orientali del monte, e conoscevano le vie meno tortuose per muoversi sulla montagna sacra.
Quella notte, le torce che portavano emettevano una luce assolutamente ridondante. Mai, prima di allora, le stelle erano state così splendenti e luminose. Le enormi nubi che viaggiavano nel cielo notturno non avevano speranza di affievolire il bagliore degli astri.
I sacerdoti si recarono su un’ampia terrazza semicircolare di pietra liscia, decorata da rune intagliate ovunque nella roccia. Due gruppi si disposero alle estremità della terrazza; un solo uomo rimase al centro, a pochi centimetri di distanza da un baratro oscuro, del quale non si poteva scorgere la fine.
Alzate le braccia al cielo, il sacerdote sollevò il capo verso l’alto. Sotto il largo cappuccio, bordato con filamenti dorati, erano visibili solo le sue labbra, dalle quali uscivano preghiere di invocazione.
«Oh, sommo drago! Dio della luce e di tutto ciò che da essa è illuminato, discendi su di noi con la tua misericordia!»
Supplicò a lungo, più di quanto avesse fatto la notte prima, e tutte quelle precedenti. Le stelle rimasero splendenti, ma mute.
L’uomo sospirò, sconfortato. Aveva ormai abbandonato ogni speranza quando, all’improvviso, il velo della notte fu squarciato da un artiglio gargantuesco. Le forme sinuose di una creatura celestiale erano disegnate da costellazioni in continuo avvicinamento. Quando la divinità terminò la sua discesa, con la sua enorme mole aveva occupato interamente lo sconfinato burrone del Monte Targon.
I quattro uomini ai lati della terrazza esultarono, fieri del loro successo e onorati: l’apparizione del dio era il dono insperato al quale tutti avevano auspicato.
Gli occhi della creatura, azzurri come il cuore infuocato delle prime stelle, si posarono, superbi, sui suoi adoratori. Attorno al corpo del drago, dal nulla, comparvero tre piccole stelle. La forza di gravità generata rimosse i cappucci, che ancora coprivano i volti degli umani, mentre la luce ardente li illuminava.
L’uomo al centro, il cui volto era per metà sfigurato da orribili ustioni, si inchinò, chiedendo perdono per la loro mancanza di rispetto. Tutti gli altri lo imitarono. Allora la forza gravitazionale delle stelle neonate si attenuò, e quelle cominciarono ad orbitare attorno alla divinità.
Il sacerdote dal volto ustionato iniziò a parlare. Disse quanto a lungo avesse atteso che quel momento arrivasse, per poter avere l’occasione di omaggiare il dio drago con un dono degno della sua magnificenza.
«Un dono?» furono le prime parole pronunciate da Aurelion Sol, «Io ho già tutto ciò che desidero. Le galassie che ho visitato moriranno prima che voi possiate immaginare che siano mai esistite. Io ho creato ciò che voi venerate. Non possedete alcun dono che sia di Mio interesse».
Quando la creatura si voltò, per ritornare nell’infinita vastità del cosmo, il sacerdote dal volto ustionato creò una sfera infuocata che scagliò contro la divinità. Le fiamme scomparvero nell’oscurità del suo corpo serpentino, senza arrecargli alcun danno.
Aurelion Sol si voltò di scatto, incollerito. L’orbita delle stelle attorno a lui si allargò improvvisamente, e gli astri bruciarono i quattro sacerdoti alle estremità della terrazza. L’ultimo uomo ancora in vita si inginocchiò nuovamente, chinando il capo e rivolgendo il volto sfigurato verso il pavimento di pietra.
«Quattro sacrifici, sommo Dio di tutti gli dei. Abbia pietà di me. La prego di concederci un poco del suo tempo infinito, e di onorarci accettando il nostro dono.»
La creatura celestiale rise, dentro di sé. “La cosa che fanno meglio, come sempre, è chiedere pietà” pensò.
Acconsentì a seguire l’ultimo sacerdote rimasto, che lo condusse alle radici del Monte Targon. La radura era baciata dalla luce chiara delle stelle, che illuminava una moltitudine di altari, disposti in modo irregolare. L’uomo salì una scalinata circolare, per raggiungere la sommità dell’altare centrale, mentre Aurelion Sol si rivelava deluso.
Mentre il sacerdote dal volto ustionato spiegava che quelle strutture erano state erette durante la Prima Guerra della Rune, un gran numero di Solari andavano, in silenzio, ad occupare le cime degli altri altari. Quando tutti furono in posizione, il primo sacerdote cominciò ad eseguire un antico e complesso rituale. Rune nascoste, disseminate lungo tutta l’area, furono percorse da una luce rossa pulsante. Chiunque le avesse incise, aveva avuto un potere tanto grande da essere sopravvissuto, nonostante il trascorrere degli eoni.
Una sfera di energia arcana circondò Aurelion Sol. Dentro di essa, enormi catene magiche lo costrinsero a terra. Tra le sue dita artigliate, irrigidite dalla collera, il drago creò due stelle che scagliò contro la prigione cremisi, senza però riuscire a liberarsi. Mentre si rialzava, attorno a lui apparvero mura incantate, decorate da rune più vecchie del tempo, che lo abbracciarono fino a sigillarlo completamente.
«LiberateMi, miserabili esseri inferiori!» tuonò il dio, «Cosa Mi avete fatto? Io sono il forgiatore delle stelle. Io sono la vita, la furia e la meraviglia! Sono colui che parla mentre le galassie obbediscono!»
«Prestaci il tuo potere, oh grande e arrogante divinità» disse il sacerdote dal volto ustionato.
Aurelion Sol puntò verso di lui i suoi occhi di fuoco, avvicinandosi all’uomo il più possibile.
«Il Mio potere è nulla, lontano dal cielo. LiberateMi da queste restrizioni, e vi darò ciò che chiedete» sibilò.
Il sacerdote ghignò.
«Se tu tornassi tra le stelle, oh divino, non credo che saresti clemente come dici. No. Il potere di cui disponi ora sarà più che sufficiente.»
«A quale scopo?» domandò il drago, costretto a piegarsi a quel ricatto.
Il senso di gioia che l’uomo provò, per la vittoria conquistata, era pari alla frustrazione e all’ira che pervadevano la creatura celestiale. Entrambi nascosero le loro emozioni, mostrandosi imperturbabili.
«Combatterai al servizio degli evocatori del Monte Targon. Devasterai la Lega delle Leggende con la tua furia incontenibile. Grazie a te, il potere dei Solari sarà consolidato una volta per tutte. Nessuno, a Runeterra, potrà opporsi a noi.»
Il dio rimase impassibile, dopo aver assistito al delirio di onnipotenza del sacerdote. Ridusse la sua voce maestosa ad un sussurro, così che solo l’uomo dal volto ustionato potesse udirlo.
«Quando questa storia sarà finita, al posto di questa ridicola prigione creerò un nuovo sole, proprio come quello che adorate. Il fuoco delle stelle vi consumerà tutti.»
Aurelion Sol una volta graziava il vasto vuoto del cosmo con meraviglie celesti di sua creazione. Ora è costretto a usare il suo potere impressionante per servire una civiltà che lo ha ingannato e indotto in servitù. Desiderando un ritorno alla sua via di forgiatore di stelle, Aurelion Sol trascinerà le stesse stelle dal cielo, se dovrà, al fine di riconquistare la sua libertà.

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