Aurelion Sol
Meraviglia imprigionata
Cinque uomini ammantati percorrevano uno
dei versanti laterali del Monte Targon. La loro scalata non era ardua come quella
che attende coloro che si avventurano alla ricerca della meraviglia, sulla
cuspide del monte. No, affatto. I simboli dorati sulle cappe cremisi
testimoniavano l’appartenenza alla tribù dei Solari. Loro vivevano nella
maestosa cittadella sui pendii orientali del monte, e conoscevano le vie meno
tortuose per muoversi sulla montagna sacra.
Quella notte, le torce che portavano
emettevano una luce assolutamente ridondante. Mai, prima di allora, le stelle
erano state così splendenti e luminose. Le enormi nubi che viaggiavano nel
cielo notturno non avevano speranza di affievolire il bagliore degli astri.
I
sacerdoti si recarono su un’ampia terrazza semicircolare di pietra liscia,
decorata da rune intagliate ovunque nella roccia. Due gruppi si disposero alle
estremità della terrazza; un solo uomo rimase al centro, a pochi centimetri di
distanza da un baratro oscuro, del quale non si poteva scorgere la fine.
Alzate
le braccia al cielo, il sacerdote sollevò il capo verso l’alto. Sotto il largo
cappuccio, bordato con filamenti dorati, erano visibili solo le sue labbra,
dalle quali uscivano preghiere di invocazione.
«Oh,
sommo drago! Dio della luce e di tutto ciò che da essa è illuminato, discendi
su di noi con la tua misericordia!»
Supplicò
a lungo, più di quanto avesse fatto la notte prima, e tutte quelle precedenti.
Le stelle rimasero splendenti, ma mute.
L’uomo
sospirò, sconfortato. Aveva ormai abbandonato ogni speranza quando,
all’improvviso, il velo della notte fu squarciato da un artiglio gargantuesco.
Le forme sinuose di una creatura celestiale erano disegnate da costellazioni in
continuo avvicinamento. Quando la divinità terminò la sua discesa, con la sua
enorme mole aveva occupato interamente lo sconfinato burrone del Monte Targon.
I
quattro uomini ai lati della terrazza esultarono, fieri del loro successo e
onorati: l’apparizione del dio era il dono insperato al quale tutti avevano
auspicato.
Gli
occhi della creatura, azzurri come il cuore infuocato delle prime stelle, si
posarono, superbi, sui suoi adoratori. Attorno al corpo del drago, dal nulla, comparvero
tre piccole stelle. La forza di gravità generata rimosse i cappucci, che ancora
coprivano i volti degli umani, mentre la luce ardente li illuminava.
L’uomo
al centro, il cui volto era per metà sfigurato da orribili ustioni, si inchinò,
chiedendo perdono per la loro mancanza di rispetto. Tutti gli altri lo
imitarono. Allora la forza gravitazionale delle stelle neonate si attenuò, e
quelle cominciarono ad orbitare attorno alla divinità.
Il
sacerdote dal volto ustionato iniziò a parlare. Disse quanto a lungo avesse
atteso che quel momento arrivasse, per poter avere l’occasione di omaggiare il dio
drago con un dono degno della sua magnificenza.
«Un
dono?» furono le prime parole pronunciate da Aurelion Sol, «Io ho già tutto ciò
che desidero. Le galassie che ho visitato moriranno prima che voi possiate
immaginare che siano mai esistite. Io ho creato ciò che voi venerate. Non
possedete alcun dono che sia di Mio interesse».
Quando
la creatura si voltò, per ritornare nell’infinita vastità del cosmo, il
sacerdote dal volto ustionato creò una sfera infuocata che scagliò contro la
divinità. Le fiamme scomparvero nell’oscurità del suo corpo serpentino, senza
arrecargli alcun danno.
Aurelion
Sol si voltò di scatto, incollerito. L’orbita delle stelle attorno a lui si
allargò improvvisamente, e gli astri bruciarono i quattro sacerdoti alle
estremità della terrazza. L’ultimo uomo ancora in vita si inginocchiò
nuovamente, chinando il capo e rivolgendo il volto sfigurato verso il pavimento
di pietra.
«Quattro
sacrifici, sommo Dio di tutti gli dei. Abbia pietà di me. La prego di concederci
un poco del suo tempo infinito, e di onorarci accettando il nostro dono.»
La
creatura celestiale rise, dentro di sé. “La cosa che fanno meglio, come sempre,
è chiedere pietà” pensò.
Acconsentì
a seguire l’ultimo sacerdote rimasto, che lo condusse alle radici del Monte
Targon. La radura era baciata dalla luce chiara delle stelle, che illuminava
una moltitudine di altari, disposti in modo irregolare. L’uomo salì una
scalinata circolare, per raggiungere la sommità dell’altare centrale, mentre
Aurelion Sol si rivelava deluso.
Mentre
il sacerdote dal volto ustionato spiegava che quelle strutture erano state
erette durante la Prima Guerra della Rune, un gran numero di Solari andavano, in
silenzio, ad occupare le cime degli altri altari. Quando tutti furono in
posizione, il primo sacerdote cominciò ad eseguire un antico e complesso
rituale. Rune nascoste, disseminate lungo tutta l’area, furono percorse da una
luce rossa pulsante. Chiunque le avesse incise, aveva avuto un potere tanto
grande da essere sopravvissuto, nonostante il trascorrere degli eoni.
Una
sfera di energia arcana circondò Aurelion Sol. Dentro di essa, enormi catene
magiche lo costrinsero a terra. Tra le sue dita artigliate, irrigidite dalla
collera, il drago creò due stelle che scagliò contro la prigione cremisi, senza
però riuscire a liberarsi. Mentre si rialzava, attorno a lui apparvero mura
incantate, decorate da rune più vecchie del tempo, che lo abbracciarono fino a
sigillarlo completamente.
«LiberateMi,
miserabili esseri inferiori!» tuonò il dio, «Cosa Mi avete fatto? Io sono il
forgiatore delle stelle. Io sono la vita, la furia e la meraviglia! Sono colui
che parla mentre le galassie obbediscono!»
«Prestaci
il tuo potere, oh grande e arrogante divinità» disse il sacerdote dal volto
ustionato.
Aurelion
Sol puntò verso di lui i suoi occhi di fuoco, avvicinandosi all’uomo il più
possibile.
«Il
Mio potere è nulla, lontano dal cielo. LiberateMi da queste restrizioni, e vi
darò ciò che chiedete» sibilò.
Il
sacerdote ghignò.
«Se
tu tornassi tra le stelle, oh divino, non credo che saresti clemente come dici.
No. Il potere di cui disponi ora sarà più che sufficiente.»
«A
quale scopo?» domandò il drago, costretto a piegarsi a quel ricatto.
Il
senso di gioia che l’uomo provò, per la vittoria conquistata, era pari alla
frustrazione e all’ira che pervadevano la creatura celestiale. Entrambi
nascosero le loro emozioni, mostrandosi imperturbabili.
«Combatterai
al servizio degli evocatori del Monte Targon. Devasterai la Lega delle Leggende
con la tua furia incontenibile. Grazie a te, il potere dei Solari sarà
consolidato una volta per tutte. Nessuno, a Runeterra, potrà opporsi a noi.»
Il
dio rimase impassibile, dopo aver assistito al delirio di onnipotenza del
sacerdote. Ridusse la sua voce maestosa ad un sussurro, così che solo l’uomo
dal volto ustionato potesse udirlo.
«Quando
questa storia sarà finita, al posto di questa ridicola prigione creerò un nuovo
sole, proprio come quello che adorate. Il fuoco delle stelle vi consumerà
tutti.»
Aurelion
Sol una volta graziava il vasto vuoto del cosmo con meraviglie celesti di sua
creazione. Ora è costretto a usare il suo potere impressionante per servire una
civiltà che lo ha ingannato e indotto in servitù. Desiderando un ritorno alla
sua via di forgiatore di stelle, Aurelion Sol trascinerà le stesse stelle dal
cielo, se dovrà, al fine di riconquistare la sua libertà.
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