Caos nella Città del Progresso 2/3
«Il ragazzo attivò lo Z-Drive e, in un attimo, invecchiò. Segnato profondamente dall’esperienza appena vissuta, che solo lui aveva il potere di evitare»
«Interessante!
Altro. Cibo.»
Gli
occhi della testa robotica erano ridotti a due piccole fessure, e sebbene gli
angoli della sua bocca di ferro restassero immobili, quello sguardo innaturale
mostrava una sorta di perverso compiacimento.
La
creatura aveva preso le distanze dai due nuovi arrivati e si stava preparando
ad attaccare.
I
cavi esposti sul torace, intricati come la più disordinata delle ragnatele, brillavano
di una fioca luce azzurra mentre erano solcati da potenti scosse elettriche
visibili a occhio nudo.
«Aiuto…»
sussurrò una voce.
Un’invocazione
flebile, quasi impercettibile, che passò inosservata come il fumo di un
fiammifero perso nel vento. Nessuno aveva udito la voce dell’uomo aggrovigliato
nei cavi.
Il
robot alzò il braccio sinistro e puntò verso Ekko un grosso cannone. Ad esso
era collegato un tubo di plastica dura, attaccato a sua volta al contenitore
cilindrico montato sulla schiena. Prima sparò un grande arpione acuminato, poi
un blocco di detriti e rottami, rozzamente compressi tra loro.
Il
ragazzo rotolò di lato per schivare il primo attacco, poi si lanciò
coraggiosamente ad intercettare il secondo, respingendolo con la sua mazza come
il più esperto dei battitori. Una goccia di sudore segnò verticalmente la
clessidra bianca tatuata sul viso.
Intanto
il fuoco continuava a divampare nella casa alle spalle del mostro meccanico, del
tutto indifferente alle alte temperature. La sua ombra lunga e spigolosa si
stagliava colossale sulla piazza, rendendo quella figura ancor più minacciosa.
«Cibo.
Troppo. Crudo. Arrostire!»
L’automa
puntò il braccio sinistro verso Jinx e sparò istantaneamente un colpo esplosivo.
Lo stesso che aveva scaraventato via Vi poco prima.
Quell’attacco
non poteva essere deviato.
Ekko
fece appena in tempo a voltare la testa: i capelli dritti furono sospinti all’indietro
dall’onda d’urto che seguì lo scoppio, mentre il corpo esile della sua amica veniva
divorato da un mare di fuoco violento. Le
curve delicate di lei erano scomparse dietro la fitta coltre di fumo, che
avvolgeva la scena come un sipario di compassionevole pietà. Sprazzi di telo
fumoso erano perforati dalle fiamme, spietate quanto il mostro che le aveva
generate.
Ma
il ragazzo non avrebbe perso un’altra persona cara. Mai più.
Attivò
lo Z-Drive, il dispositivo che aveva inventato lui stesso, grazie al quale
riusciva a tornare indietro nel tempo di pochi secondi alla volta. In un
attimo, invecchiò. Segnato profondamente dall’esperienza appena vissuta, che
solo lui aveva il potere di evitare. Non avrebbe vissuto in un tempo senza di
lei.
«Cibo.
Troppo. Crudo.»
Ekko
scattò in avanti con tutta la sua rapidità.
«Arrostire!»
Jayce
fece appena in tempo a proteggersi col suo martello per evitare di venire
colpito dalle schegge di cemento, che schizzavano in tutte le direzioni. Guardò
verso l’esplosione, preoccupato per il giovane che si era lanciato
coraggiosamente contro di essa per salvare la sua amica.
Niente
da fare: il fumo era ancora troppo fitto e non si vedeva nulla. Intanto si
faceva sempre più forte il suono di numerose sirene della polizia in
avvicinamento. Insieme ad esse, un cumulo di nubi nere si stava ammassando
proprio sopra la piccola piazza, sospinte da un vento leggero che soffiò via il
fumo causato dall’esplosione.
A
qualche metro di distanza dal piccolo cratere fumante che si era aperto nel
terreno, Ekko stava immobile a fissare il robot con occhi pieni d’ira.
Stringeva stretta Jinx tra le braccia, premendole premurosamente la testa
contro il suo petto. Quando lei alzò gli occhi rossi notò che Ekko stava
piangendo.
«Hai visto che botto? O ti è entrata della polvere negli occhi?» chiese
lei, esibendo un sorriso sereno e divertito.
Lui
la adagiò dolcemente a terra. Continuava a stringerle le spalle con un braccio
mentre con la mano libera usava sapientemente una spilletta di ferro per
liberarla dalle manette che la bloccavano.
«Sì…»
sussurrò Ekko asciugandosi le lacrime: «Stupida polvere. E stupida tu, che hai
accettato di aiutare quel pazzo. Ti avevo detto di stargli lontana. Lui è tutto
quello che è sbagliato in Zaun».
«Tutto bene, ragazzo?» urlò Jayce, per
superare il frastuono ti un tuono non troppo lontano.
Ekko lo ignorò.
«Vai
a prendere Fishbones» disse, rivolto alla sua compagna: «Mi ha chiesto di
portarti via da qui».
«Ma
allora lo senti anche tu!» esclamò Jinx, estatica, saltellando felice verso il
suo amato lanciarazzi.
«Come
sarebbe? Te la stai squagliando? Avevamo un accordo!» esclamò Jayce, incredulo.
Aveva stretto un patto con il giovane Ekko, ma lui non sembrava più incline ad
onorarlo.
«Spiacente,
poster-boy. Questa non è la mia città. E poi ti ho detto io che Viktor stava
tramando qualcosa qui a Piltover, quindi direi che siamo pari.»
«Cibo.
Basta. Parlare.»
Di
fronte ai due, il robot aveva finito di ricaricare la sua arma. Sparò ancora un
colpo di cannone, per intercettare il missile lanciato da Jinx, diretto contro
di lui. I proiettili cozzarono l’uno contro l’altro e si infransero in uno
scoppio fragoroso. Quando la polvere dell’esplosione si diradò, i due ragazzi
di Zaun erano scomparsi.
«Dannato
moccioso» imprecò Jayce. Ma ormai non era più tempo di pensare al giovane
teppista.
«Vi!»
Caitlyn era corsa al fianco di Jayce e
dell’amica ferita. Vi era riuscita a togliere l’arpione che
aveva nel fianco, ma stava sanguinando copiosamente.
In quel momento arrivò un manipolo di droni cingolati, seguiti da un numero
ancora maggiore di agenti di Piltover che circondarono il perimetro e rimasero
in attesa di ordini.
«Portala
via, sceriffo. Ha bisogno di cure. Questo ammasso di ferraglia posso sistemarlo
da solo.»
Stringendo la presa sul martello, Jayce si
preparò alla battaglia. Intanto Caitlyn aveva aiutato
l’amica ad alzarsi e la stava portando verso
il gruppo di agenti che correva nella loro direzione.
«Ci
serve un medico!» urlarono in coro un paio di loro.
L’eroe
di Piltover staccò dalla cintura due piccole sfere meccaniche, che lanciò una a
destra e l’altra a sinistra del suo avversario. Le sfere si sollevarono a
mezz’aria e generarono un intenso fascio di energia elettrica. Come aveva già
fatto molte altre volte, Jayce sparò un globo di elettricità la cui velocità e
dimensioni incrementarono esponenzialmente appena venne a contatto con il
fascio di energia.
Il
colpo andò a segno, ma il robot non aveva neanche un graffio. Era sereno,
immobile. Il braccio destro sollevato e la canna montante su di esso calda e
fumante. In qualche modo la creatura era riuscita a dissipare l’energia prima
di venire danneggiata.
«Sforzo.
Inutile.»
«Inutile?
Ora lo vedremo. Aprite il fuoco!» ordinò uno dei poliziotti alla sua squadra,
che aveva ormai accerchiato il mostro meccanico. Numerosi proiettili fendevano
l’aria e cozzavano contro l’esoscheletro di ferro e acciaio. La testa robotica
emise un suono riconducibile a una risata lugubre, inumana, priva di vita.
Dopo
un rumoroso “BANG” quelle vibrazioni si trasformarono in stridii acuti, di
dolore e rabbia.
Caitlyn
era riuscita a ferire l’automa sparando un colpo preciso e potente al petto
dell’uomo sul quale era montata la macchina. Il proiettile recise alcuni dei
cavi, dai quali cominciò a sgorgare un liquido violaceo con riflessi azzurri.
L’esoscheletro
si mosse a scatti, come un burattino manovrato in modo maldestro. La mano
dell’uomo toccò i fili danneggiati, e la testa montata sul tentacolo meccanico
si agitò con violenta frenesia.
«Vendetta!
Vendetta! Vendetta!» strideva l’abominio artificiale.
Sparò
una raffica di arpioni verso i poliziotti di Piltover, che non smettevano di
bersagliarlo. Per molti di loro gli uncini furono letali. Decine di pozze
insanguinate si allargarono in silenzio.
Cominciò
a piovere mentre la creatura scagliava un proiettile grigio perfettamente
sferico al centro della piazza. Appena toccò il suolo, una fitta coltre di
nebbia avvolse la zona per decine di metri.
In
lontananza, Caitlyn si mordeva il labbro e imprecava a denti stretti: fuori
dalla cortina fumogena non riusciva a vedere nulla di ciò che succedeva all’interno.
Provò anche a urlare il nome di Jayce, ma
nessuno rispose.
...continua
*** Se non hai confidenza col gioco League of Legends, clicca su questa immagine per scoprire l'aspetto dei personaggi. ***