Tuesday, November 24, 2015

Caos nella Città del Progresso (ITA_pt2)

*** Questa è una storia originale ambientata nel mondo di Runeterra, del gioco League of Legends. ***


Caos nella Città del Progresso 2/3


 «Il ragazzo attivò lo Z-Drive e, in un attimo, invecchiò. Segnato profondamente dall’esperienza appena vissuta, che solo lui aveva il potere di evitare»


   «Interessante! Altro. Cibo.»
   Gli occhi della testa robotica erano ridotti a due piccole fessure, e sebbene gli angoli della sua bocca di ferro restassero immobili, quello sguardo innaturale mostrava una sorta di perverso compiacimento.
   La creatura aveva preso le distanze dai due nuovi arrivati e si stava preparando ad attaccare.
   I cavi esposti sul torace, intricati come la più disordinata delle ragnatele, brillavano di una fioca luce azzurra mentre erano solcati da potenti scosse elettriche visibili a occhio nudo.
   «Aiuto…» sussurrò una voce.
   Un’invocazione flebile, quasi impercettibile, che passò inosservata come il fumo di un fiammifero perso nel vento. Nessuno aveva udito la voce dell’uomo aggrovigliato nei cavi.
   Il robot alzò il braccio sinistro e puntò verso Ekko un grosso cannone. Ad esso era collegato un tubo di plastica dura, attaccato a sua volta al contenitore cilindrico montato sulla schiena. Prima sparò un grande arpione acuminato, poi un blocco di detriti e rottami, rozzamente compressi tra loro.
   Il ragazzo rotolò di lato per schivare il primo attacco, poi si lanciò coraggiosamente ad intercettare il secondo, respingendolo con la sua mazza come il più esperto dei battitori. Una goccia di sudore segnò verticalmente la clessidra bianca tatuata sul viso.
   Intanto il fuoco continuava a divampare nella casa alle spalle del mostro meccanico, del tutto indifferente alle alte temperature. La sua ombra lunga e spigolosa si stagliava colossale sulla piazza, rendendo quella figura ancor più minacciosa.
   «Cibo. Troppo. Crudo. Arrostire!»
   L’automa puntò il braccio sinistro verso Jinx e sparò istantaneamente un colpo esplosivo. Lo stesso che aveva scaraventato via Vi poco prima.
   Quell’attacco non poteva essere deviato.
   Ekko fece appena in tempo a voltare la testa: i capelli dritti furono sospinti all’indietro dall’onda d’urto che seguì lo scoppio, mentre il corpo esile della sua amica veniva divorato  da un mare di fuoco violento. Le curve delicate di lei erano scomparse dietro la fitta coltre di fumo, che avvolgeva la scena come un sipario di compassionevole pietà. Sprazzi di telo fumoso erano perforati dalle fiamme, spietate quanto il mostro che le aveva generate.
   Ma il ragazzo non avrebbe perso un’altra persona cara. Mai più.
   Attivò lo Z-Drive, il dispositivo che aveva inventato lui stesso, grazie al quale riusciva a tornare indietro nel tempo di pochi secondi alla volta. In un attimo, invecchiò. Segnato profondamente dall’esperienza appena vissuta, che solo lui aveva il potere di evitare. Non avrebbe vissuto in un tempo senza di lei.
   «Cibo. Troppo. Crudo.»
   Ekko scattò in avanti con tutta la sua rapidità.
   «Arrostire!»
   Jayce fece appena in tempo a proteggersi col suo martello per evitare di venire colpito dalle schegge di cemento, che schizzavano in tutte le direzioni. Guardò verso l’esplosione, preoccupato per il giovane che si era lanciato coraggiosamente contro di essa per salvare la sua amica.
   Niente da fare: il fumo era ancora troppo fitto e non si vedeva nulla. Intanto si faceva sempre più forte il suono di numerose sirene della polizia in avvicinamento. Insieme ad esse, un cumulo di nubi nere si stava ammassando proprio sopra la piccola piazza, sospinte da un vento leggero che soffiò via il fumo causato dall’esplosione.
   A qualche metro di distanza dal piccolo cratere fumante che si era aperto nel terreno, Ekko stava immobile a fissare il robot con occhi pieni d’ira.
   Stringeva stretta Jinx tra le braccia, premendole premurosamente la testa contro il suo petto. Quando lei alzò gli occhi rossi notò che Ekko stava piangendo.
   «Hai visto che botto? O ti è entrata della polvere negli occhi?» chiese lei, esibendo un sorriso sereno e divertito.
   Lui la adagiò dolcemente a terra. Continuava a stringerle le spalle con un braccio mentre con la mano libera usava sapientemente una spilletta di ferro per liberarla dalle manette che la bloccavano.
   «Sì…» sussurrò Ekko asciugandosi le lacrime: «Stupida polvere. E stupida tu, che hai accettato di aiutare quel pazzo. Ti avevo detto di stargli lontana. Lui è tutto quello che è sbagliato in Zaun».
   «Tutto bene, ragazzo?» urlò Jayce, per superare il frastuono ti un tuono non troppo lontano.
Ekko lo ignorò.
   «Vai a prendere Fishbones» disse, rivolto alla sua compagna: «Mi ha chiesto di portarti via da qui».
   «Ma allora lo senti anche tu!» esclamò Jinx, estatica, saltellando felice verso il suo amato lanciarazzi.
   «Come sarebbe? Te la stai squagliando? Avevamo un accordo!» esclamò Jayce, incredulo. Aveva stretto un patto con il giovane Ekko, ma lui non sembrava più incline ad onorarlo.
   «Spiacente, poster-boy. Questa non è la mia città. E poi ti ho detto io che Viktor stava tramando qualcosa qui a Piltover, quindi direi che siamo pari.»
   «Cibo. Basta. Parlare.»
   Di fronte ai due, il robot aveva finito di ricaricare la sua arma. Sparò ancora un colpo di cannone, per intercettare il missile lanciato da Jinx, diretto contro di lui. I proiettili cozzarono l’uno contro l’altro e si infransero in uno scoppio fragoroso. Quando la polvere dell’esplosione si diradò, i due ragazzi di Zaun erano scomparsi.
   «Dannato moccioso» imprecò Jayce. Ma ormai non era più tempo di pensare al giovane teppista.
   «Vi!»
   Caitlyn era corsa al fianco di Jayce e dell’amica ferita. Vi era riuscita a togliere l’arpione che
aveva nel fianco, ma stava sanguinando copiosamente. In quel momento arrivò un manipolo di droni cingolati, seguiti da un numero ancora maggiore di agenti di Piltover che circondarono il perimetro e rimasero in attesa di ordini.
   «Portala via, sceriffo. Ha bisogno di cure. Questo ammasso di ferraglia posso sistemarlo da solo.»
   Stringendo la presa sul martello, Jayce si preparò alla battaglia. Intanto Caitlyn aveva aiutato
l’amica ad alzarsi e la stava portando verso il gruppo di agenti che correva nella loro direzione.
   «Ci serve un medico!» urlarono in coro un paio di loro.
   L’eroe di Piltover staccò dalla cintura due piccole sfere meccaniche, che lanciò una a destra e l’altra a sinistra del suo avversario. Le sfere si sollevarono a mezz’aria e generarono un intenso fascio di energia elettrica. Come aveva già fatto molte altre volte, Jayce sparò un globo di elettricità la cui velocità e dimensioni incrementarono esponenzialmente appena venne a contatto con il fascio di energia.
   Il colpo andò a segno, ma il robot non aveva neanche un graffio. Era sereno, immobile. Il braccio destro sollevato e la canna montante su di esso calda e fumante. In qualche modo la creatura era riuscita a dissipare l’energia prima di venire danneggiata.
   «Sforzo. Inutile.»
   «Inutile? Ora lo vedremo. Aprite il fuoco!» ordinò uno dei poliziotti alla sua squadra, che aveva ormai accerchiato il mostro meccanico. Numerosi proiettili fendevano l’aria e cozzavano contro l’esoscheletro di ferro e acciaio. La testa robotica emise un suono riconducibile a una risata lugubre, inumana, priva di vita.
   Dopo un rumoroso “BANG” quelle vibrazioni si trasformarono in stridii acuti, di dolore e rabbia.
   Caitlyn era riuscita a ferire l’automa sparando un colpo preciso e potente al petto dell’uomo sul quale era montata la macchina. Il proiettile recise alcuni dei cavi, dai quali cominciò a sgorgare un liquido violaceo con riflessi azzurri.
   L’esoscheletro si mosse a scatti, come un burattino manovrato in modo maldestro. La mano dell’uomo toccò i fili danneggiati, e la testa montata sul tentacolo meccanico si agitò con violenta frenesia.
   «Vendetta! Vendetta! Vendetta!» strideva l’abominio artificiale.
   Sparò una raffica di arpioni verso i poliziotti di Piltover, che non smettevano di bersagliarlo. Per molti di loro gli uncini furono letali. Decine di pozze insanguinate si allargarono in silenzio.
   Cominciò a piovere mentre la creatura scagliava un proiettile grigio perfettamente sferico al centro della piazza. Appena toccò il suolo, una fitta coltre di nebbia avvolse la zona per decine di metri.
   In lontananza, Caitlyn si mordeva il labbro e imprecava a denti stretti: fuori dalla cortina fumogena non riusciva a vedere nulla di ciò che succedeva all’interno.
   Provò anche a urlare il nome di Jayce, ma nessuno rispose.



...continua


*** Se non hai confidenza col gioco League of Legends, clicca su questa immagine per scoprire l'aspetto dei personaggi. ***

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